E poi questa sì, la devo proprio riportare.
Esame il 3 Febbraio, famiglie mezzadrili toscane incontrano nuovi nonni che si fanno chiamare senior, famiglie di oggi che innovano quelle di ieri, famiglie di ieri che si lasciano raccontare, mezzadri, nipoti, capoccia e massaie, un quadro simile nella mia testa, all'incirca.
E poi una nota tra un mezzadro e l'altro, ci leggo Umbria e penso a mia mamma, ci rivedo colline e penso ai miei nonni, collego mezzadri-mamma-nonni e penso a discorsi sbocconcellati sulla campagna sentiti tempo fa.
E poi è pronto il pranzo: mamma, nonni, funghi, cinghiale.
"Nonno, ma anche voi eravate dei mezzadri alla Pieve, vero?"
E poi un racconto che ha impregnato due ore, come una conferma delle righe appena studiate, e parole, odori, fragranze ancora intatte nella mente di due ottantenni, e il nonno con le lacrime agli occhi, e una lacrima pure per me.
E un entusiasmo da antropologa dilettante, il rammarico dell'assenza di un registratore, l'amore per le persone e per ciò che le rende tali, il fascino delle parole.
E poi chi dice che studio cose inutili.
A chi osserva la vita, l'ardua sentenza.
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